lunedì 27 gennaio 2014

Un tuffo nella storia, alla ricerca delle origini del trasporto pubblico (Pt. 3)

Dopo il 1869 la ferrovia non ebbe più sviluppi grandiosi: bisognava solamente aumentare la densità dei collegamenti e collegare i continenti tra di loro. La gestione della politica estera e l’economia cambiarono radicalmente ma già in precedenza sovrani come Napoleone III avevano pensato a un impero basato sulla preminenza della strade ferrate e non più sulla talassocrazia. Già le linee del Semmering e del Brennero rientravano nella politica asburgica del controllo sull’Italia così come il traforo del Moncenisio da Napoleone III. La ferrovia raggiunse la sua massima espansione: addirittura in Inghilterra si diceva che chi dirigeva le ferrovie avrebbe diretto lo stato. Per questo motivo le strade ferrate suscitavano sempre timori di monopolio, che fossero in mani private o in pugno allo stato.
Tuttavia la costruzione di linee superflue e a carattere troppo locale fu causa di fallimento per moltissime imprese ferroviarie. La loro bancarotta trascinò con sè una serie di investimenti e di fornitori non pagati che furono causa a loro volta delle crisi economiche che si succedettero dal 1873 al 1893. Gli unici collegamenti locali che rendevano erano quelli all’interno di grandi città. Fecero la loro apparizione i primi omnibus e tram a cavalli (a Roma nel 1877) e già dal 1884 entrò in funzione la prima linea tranviaria elettrica a Kansas City.
In questo scenario a nulla servirono le politiche nostalgiche nei confronti delle vie d’acqua e il traffico residuo finì per tornare nelle mani di pochi artigiani. Sul mare i piroscafi furono i vincitori e i velieri di legno furono ridotti a trasporti sussidiari.
Generalmente ogni nuova forma di trasporto nasce come complemento del mezzo principale precedente. Si arriva poi in una seconda fase dove il nuovo mezzo di trasporto sviluppa al massimo le sue capacità; la terza fase prevede il lento predominio del nuovo trasporto sul vecchio (da non confondere con la seconda fase) e alla fine il ciclo ricomincia. Ci sono esempi nel quale la rapidità di diffusione dei nuovi mezzi fa saltare delle fasi intermedie: nel far west non si conobbe mai l’uso della strada per esempio.
Qual è il motivo di questo ciclo? Semplicemente perché con la prima rivoluzione industriale la crescita economica fu tale che bisognava assolutamente eliminare qualsiasi ostacolo allo sviluppo e al commercio. Perciò è necessario riconoscere l’importanza del trasporto e non relegarlo in un ruolo marginale.
 Così come il battello a vapore era sussidiario della navigazione a vela, la ferrovia nasce come congiungimento tra canali. La ferrovia poi si svilupperà uccidendo la navigazione interna che comunque manterrà il primato sui mari e in parte sui piccoli canali gli artigiani della navigazione. Infine la strada ferrata troverà la concorrenza da una parte nell’automobile e dall’altra nell’aereo.
Ma prima ancora alla vigilia dello scoppio della grande guerra nel 1914 bisogna dire la civiltà era completamente cambiata; la navigazione interna era stata quasi completamente sostituita dalle ferrovie a scartamento ridotto, di facile costruzione ed più economiche. Finalmente trasporti marini e terrestri avevano raggiunto un punto di equilibrio e in futuro il miglioramento dei trasporti sarebbe stato un problema unicamente finanziario poiché tutti gli ostacoli tecnici erano stati superati, compreso lo shock psicologico che una così grande innovazione aveva provocato. Gli uomini non rimanevano più nei luoghi dove erano nati: si era sviluppata l’idea che il tempo è denaro.
Era in corso una seconda rivoluzione tecnica che avrebbe fatto apparire le ferrovie e piroscafi antiquati. L’invenzione degli pneumatici e del motore a scoppio avrebbero dato vita all’automobile, una degna avversaria per navi e treni. Le ulteriori innovazioni infusero nuova linfa alle navi, ora alimentate a petrolio e nei treni che sfruttarono l’elettricità. L’uomo avrebbe trasformato ancora una volta il mondo in un tempo brevissimo. Ma l’essenza di questo discorso sta nel fatto che la rivoluzione industriale riuscì, abbassando i costi dei mezzi di comunicazione, a rendere mobili le masse e a fondare forse una prima civiltà autenticamente democratica.

FINE


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